Due istituzioni ed un architetto

Piazza Santa Maria Nuova, ove si affaccia la nostra Accademia, era particolarmente cara a Giovanni Michelucci. E questo perché qui veniva a trovare l’amico Francesco Adorno e perché qui hanno sede l’Ospedale di Santa Maria Nuova e la Cassa di Risparmio. Due istituzioni fisicamente vicine, confinanti, ma legate assai più profondamente avendo ambedue come vertice del loro interesse la collettività fiorentina. Con questa finalità la Cassa di Risparmio, fin dalla sua istituzione nel 1829, ha sempre aiutato il vicino della porta accanto. A parte i finanziamenti per le ristrutturazioni edilizie elargiti da sempre, negli ultimi anni si deve alla Cassa di Risparmio l’acquisizione degli apparecchi per la TAC, la Risonanza Magnetica, l’angiografia prima analogica e poi digitale.

Grande era l’affetto di Giovanni Michelucci per Santa Maria Nuova e per la Cassa di Risparmio. A Santa Maria Nuova, incontrandolo per i corridoi, molti di noi hanno avuto la fortuna di conoscere il prof. Michelucci e di capire perché sia stato un così grande architetto. Più che alle forme architettoniche dava grande importanza al pensiero che le precedeva. Soprattutto si interrogava su quali fossero le necessità anche spirituali di chi doveva vivere negli edifici da lui progettati. Ad esempio per quanto riguarda la Stazione di Santa Maria Novella ricordava che dovendo progettare una stazione aveva meditato a lungo su cosa significasse partire. Partire significa spesso lasciare le persone care. “Partire è un po’ morire”. Interpretando questo sentimento, la Stazione per chi parte non deve essere festosa; nessuna finestra all’esterno di Santa Maria Novella che è un nudo muro di pietra grigia. Tutt’altra atmosfera per chi arriva: la grande sala dove arrivano i binari è sormontata per tutta la sua estensione da un lucernario molto luminoso. Michelucci le idee chiare le aveva anche sugli ospedali: gli ospedali devono servire agli ammalati “Cosa vogliono gli ammalati? Essere curati bene” –ma aggiungeva- “questo non è un compito degli architetti. Però gli ammalati desiderano anche la riservatezza quando stanno male o sono umiliati dalla malattia, mentre quando cominciano a stare bene desiderano anche il contatto con la gente. Quindi nell’ospedale vi devono essere aree di intensa attività medica e di concentrazione tecnologica, ma vi devono essere anche spazi di convivenza e questo si realizza in maniera ottimale in un ospedale situato al centro della città. Meglio ancora se questi spazi sono arricchiti di opere d’arte come accadeva negli ospedali medievali. Anche questo aiuta a superare la sofferenza. E tutto questo a Santa Maria Nuova c’è. Di qui l’affetto dell’architetto per l’Ospedale. Il luogo ha poi un certo senso di sacro: “sono stato malato a lungo. Durante la malattia il mio pensiero incessante è stato come filtrare il dolore fino a renderlo architettura. Per me è di importanza estrema”.

Alla Cassa di Risparmio Michelucci aveva progettato il Salone e la parte dell’edificio ad esso contigua. “Chi dovesse commissionarmi un edificio pubblico laico, tenga ben presente che io mi impegnerei ad esprimere quel senso di sacralità che la città ha smarrito. Io voglio una città ove ci sia spazio per tutto ciò che è sacro alla comunità” Ed a tal proposito citava Palazzo Vecchio e Palazzo Strozzi. “Il primo rivela un’apertura alla città. Si avverte infatti che l’edificio serve alla città, è stato creato per la città e partecipa alla vita della città. Le sue porte si aprono mettendo in comunicazione le strade e le piazze che lo avvolgono. I suoi spazi interni si articolano in conseguenza. Se invece esaminiamo Palazzo Strozzi, questo ‘mostro’ che indifferente agli infiniti suggerimenti ed ai richiami della struttura cittadina vi si è insediato egoisticamente, schiacciandola, risulta la preponderanza dell’interesse privato. Molti edifici a destinazione pubblica: banche, chiese, ecc. hanno gli stessi difetti di Palazzo Strozzi, cioè non hanno tenuto conto del rapporto con la città.”

E Michelucci nella sua realizzazione rimase fedele a questa impostazione. “Cosa deve essere una banca per di più di antica origine per una città come Firenze? Un pezzo vivo di città”. E così Michelucci pensò agli spazi attigui al Salone come ad una strada interna all’edificio. “Come su una strada si affacciano i negozi e gli ingressi degli edifici pubblici e privati così sul Salone si affacciano i vari uffici, i servizi, le sale di attesa. In modo che chi entra in banca è come se continuasse il suo giro in città. E come la città ha spazi in cui indugiare, così li ha l’interno della banca. “Ed a proposito dell’accesso dal Salone ai piani superiori, l’ascensore ha reso la scala un elemento secondario, ma la scala, diversamente dall’ascensore conduce e distribuisce. E deve essere anche piacevole. Nello scalone della Cassa le alzate e le pedate sono in un rapporto perfetto. Le ho studiate sulle scale dei palazzi cardinalizi di Roma. E queste sono gradite a molti e preferite all’ascensore”. Così scriveva Michelucci a proposito della sua realizzazione.

Ospedale di Santa Maria Nuova e Cassa di Risparmio: l’affetto di uno dei più grandi architetti del ‘900 ha reso ancor più vicine le due istituzioni.

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