CATERINA DAI CENTO VOLTI. UN CONTRIBUTO DOCUMENTARIO

Da ormai diversi anni capita periodicamente di rivolgere l’attenzione verso una figura molto legata a Leonardo da Vinci, sua madre Caterina. Questo intervento nasce con lo scopo di fare il punto della situazione e di rendere noti gli ultimi risultati delle nostre indagini archivistiche.

Il più antico, seppure implicito, riferimento alla madre di Leonardo è quello del cinquecentesco Anonimo Gaddiano, dove il grande artista si dice “per madre nato di buon sangue”, una definizione che si presta ed ha, di fatto, dato luogo a varie interpretazioni.

Il primo documento in cui compare il nome di battesimo della madre è la Portata del nonno Antonio, scritta e consegnata dal padre notaio Ser Piero il 28 febbraio 1458 agli Ufficiali del Catasto fiorentino, un documento che rivela anche lo status di

Lionardo figluolo di detto Ser Piero non legiptimo, nato da lui et dalla Chaterina
che al presente è donna d’Achattabrigha di Piero del Vaccha da Vinci, d’anni 5.

Accattabriga era il curioso soprannome di Antonio, figlio di Piero di Andrea di Giovanni Buti detto del Vacca, che sposò Caterina probabilmente verso il 1453, dopo la nascita del figlio illegittimo, avvenuta il 15 aprile 1452. Dal matrimonio nacquero altri cinque figli. Al Catasto di Antonio Buti del 1487, si dichiara:

Monna Chatterina donna d’Anttonio d’ettà d’anni 60

collocandone dunque la nascita nel 1427; è questo l’unico documento che indica l’età della madre di Leonardo, la quale dunque avrebbe avuto il figlio naturale più o meno a venticinque anni.

Nei codici di Leonardo si cita più volte una Caterina che raggiunse il Nostro a Milano nel luglio del 1493. Circa un anno dopo Leonardo pagherà per lei “le spese per la socteratura”; si trattava con tutta probabilità della sessantenne “Chatarina de Florentia” deceduta a Milano di febbre terzana il 26 giugno 1494. Ed era quasi con assoluta certezza la madre di Leonardo che, rimasta vedova, si era riunita al suo adorato figlio, purtroppo morendo poco dopo .

Ma chi era “Caterina mater”, colei che ha generato uno dei più grandi geni dell’umanità? Molti studiosi si sono avventurati nell’arduo tentativo di darle un’identità, che rimane tuttavia ancora oggi misteriosa. Questa affascinante ricerca ha dato nel tempo corpo a diverse ipotesi, che vanno essenzialmente in due direzioni. Una secondo cui Caterina sarebbe stata un’abitante di Vinci. L’altra identificherebbe la madre dell’artista in una schiava.

La prima ipotesi su una “Caterina schiava” venne formulata dallo studioso Renzo Cianchi i cui risultati sono stati resi noti dal figlio Francesco, ventidue anni dopo la morte del padre, nel libro La madre di Leonardo era una schiava? Ipotesi di studio di Renzo Cianchi con documenti inediti (Vinci, 2008).
La schiava in questione apparteneva al ricco banchiere fiorentino Vanni di Niccolò di Ser Vanni, che nel suo testamento del 1449 nominò Ser Piero tra i suoi eredi e tra i suoi quattro esecutori testamentari. La versione in volgare del testamento sembra essere stilata dalla mano di Ser Piero. Da questo si evince che l’allora giovane notaio dovette essere legato al Vanni da stretti rapporti di amicizia oltre che professionali, e si presume che avesse frequentato la casa del banchiere in Via Ghibellina e dunque conosciuto la schiava Caterina. Così Francesco Cianchi scrive: “Dalle ricerche fino ad ora effettuate, nessuna Caterina del borgo di Vinci, né dei paesi limitrofi si può ricondurre a quella che dette i natali a Leonardo. L’unica Caterina che certamente poteva essere stata frequentata in modo assiduo da Ser Piero era evidentemente quella in casa di Vanni di Niccolò di Ser Vanni”.
Fino dal 2001 Alessandro Vezzosi aveva più volte sostenuto con valide argomentazioni la tesi di una “Caterina schiava” (Cfr. ad esempio Léonard et l’Europe, catalogo della mostra di Biel-Bienne, 12 ottobre 2001-20 gennaio 2002, Perugia, 2001).

Nel 2009 sul “Bullettino Storico Pistoiese” ho pubblicato l’articolo Sull’identità della madre di Leonardo.
Qui, dopo aver riassunto le informazioni e le ipotesi fino ad allora note su “Caterina mater” – e ripercorrendo a mia insaputa le orme di Renzo Cianchi le cui ricerche in proposito erano inedite – ho effettuato una meticolosa indagine su documenti di Vinci, nella speranza d’individuare in una ragazza del luogo la madre del Genio. A tale scopo ho analizzato il Catasto del 1451 che precede di un anno la nascita di Leonardo ed il Catasto immediatamente successivo, quello del 1459, individuando in entrambi tutte le donne di nome Caterina di età ragionevolmente compatibile con quella della nostra protagonista, ed elencandole in due liste distinte. Dopo un confronto tra i due elenchi e procedendo per esclusione, nel primo del 1451 rimanevano solo due giovanissime ragazze nubili, una Caterina di Bartolomeo o Meo Lippi e una Caterina di Antonio Cambi, come candidate al ruolo di “Caterina mater”; nel secondo relativo al 1459, restavano sempre due Caterine, una era sposata con tale Taddeo Telli e l’altra era la moglie dell’Accattabriga, ossia la madre di Leonardo. Tutto questo con estrema elasticità nella considerazione delle rispettive date di nascita, dal momento che i Catasti contengono non infrequenti errori in merito alla dichiarazione delle età. La ricerca, sempre più intrigante quanto difficile, doveva proseguire per capire se c’era una connessione tra le due coppie di Caterine, e quale.
In un primo momento, vari documenti e considerazioni mi sembrarono a favore dell’identificazione di Caterina di Meo con la moglie dell’Accattabriga ma, purtroppo, si era trattato di una falsa pista dato che altri documenti catastali hanno poi rivelato che la ragazza sposò Taddeo Telli, tra l’altro un suo vicino di casa.
A questo punto, riprendendo in esame i due elenchi delle donne di nome Caterina relativi ai Catasti del 1451 e del 1459, sgombrato il campo da tutte le altre, nel primo rimaneva solo Caterina di Antonio di Cambio e nel secondo Caterina moglie dell’Accattabriga, ed era dunque su una loro eventuale coincidenza che si doveva discutere. Anche in questo caso ho presentato diversi elementi e valide considerazioni, ma purtroppo nessuna prova certa, a favore di quella identificazione, che comunque era e resta a tutt’oggi un’ipotesi non da scartare e da approfondire.
Ispirandosi alle mie indagini, e rigorosa nella citazione delle fonti, sulla figura di Caterina Cambi, Marina Marazza ha poi costruito un interessante romanzo dal titolo L’ombra di Caterina (Milano, 2019)

Otto anni dopo la mia pubblicazione, nel libro di Martin Kemp e Giuseppe Pallanti Mona Lisa, the People and the Painting (Oxford, 2017) è stata presentata come una scoperta del tutto originale quella dell’esistenza di Caterina di Meo Lippi nel Catasto di Vinci, considerandola la “migliore candidata” al ruolo di madre di Leonardo!
Nel settembre del 2017, presso l’Accademia “La Colombaria” di Firenze, ho tenuto la conferenza Su Caterina, madre di Leonardo: vecchie e nuove ipotesi, riprendendo i contenuti del mio lavoro del 2009, con opportune aggiunte e precisazioni.

Ed arriviamo al recentissimo libro di Carlo Vecce Il sorriso di Caterina (Firenze, 2023).
L’idea dell’autore parte da due annotazioni contenute in un libro di Ricordanze di Francesco di Matteo Castellani, conservato manoscritto all’Archivio di Stato di Firenze e pubblicato a cura di Giovanni Ciappelli (Ricordanze I (1436-1459), Firenze, 1992); la prima annotazione era stata segnalata da Agnese Sabato nell’articolo del 2008, Disappunti per una storia di schiave, contenuto nel già citato libro di Francesco Cianchi.
Nei suoi ricordi il Castellani racconta che nel maggio del 1450 aveva preso in affitto da Ginevra di Antonio Redditi, moglie di Donato di Filippo di Salvestro Nati, una schiava di nome Caterina come balia per la figlia Maria. Riferisce inoltre che “Ser Piero di Antonio di Ser Piero fu rogato della liberatione della Catherina” il 2 novembre 1452. Nel rogito – di fatto contenuto in una filza di Ser Piero conservata all’Archivio di Stato di Firenze – la schiava della Redditi, presente all’atto, è citata come “Caterina filia Jacobi eius schlava seu serva de partibus Circassie”, ma il documento contiene solo quella che possiamo definire una “pseudo-liberatio” poiché Ginevra, pur sciogliendo formalmente la donna dalla sua condizione di schiava, pone il vincolo che essa rimanga al suo servizio fino alla sua morte.
Nel rogito si precisa anche che la Redditi l’aveva acquistata col proprio denaro prima del matrimonio con Donato, e che Caterina “pluribus et pluribus annis serviverit dicta domina Ginevra et eius familia”. In calce al documento, Ginevra stabiliva poi la donazione di alcune suppellettili alla schiava circassa, dopo la sua morte.
Considerando che il notaio rogante era il padre di Leonardo, e ammettendo che quel rogito sia stato seguito da un effettivo atto di liberazione – peraltro sulla base di quanto afferma il Castellani – Vecce ha ritenuto che la Caterina schiava di Ginevra potesse essere la madre di Leonardo, a quel tempo nato solo da alcuni mesi. Quella Caterina avrebbe dunque lasciato poco dopo Firenze per sposare l’Accattabriga.
A sostegno di questo Vecce riferisce, tra l’altro, che dal Catasto del 1458 risulta che nessuna Caterina si trovava allora nella casa di Donato e Ginevra, che l’aveva sostituita con un’altra serva di 15 anni.
Nella sua ricostruzione de Il sorriso di Caterina, l’autore identifica la schiava di Ginevra con una sfortunata principessa della selvaggia ma fiera popolazione dei Circassi, e per questo donna “di buon sangue” in accordo con l’Anonimo Gaddiano, ripercorrendo lungo le rotte del Mediterraneo le “tappe che devono aver scandito il viaggio di Caterina”. Catturata e fatta schiava sulle montagne del Caucaso, dopo svariati spostamenti sarebbe stata portata a Costantinopoli, poi a Venezia ed infine a Firenze.

Quella formulata da Vecce è certo una suggestiva ipotesi, ma non una certezza. Allo stato attuale delle indagini non ci sono elementi né per confermarla né per respingerla. È però possibile aggiungere alcune informazioni provenienti da documenti dell’Archivio di Stato di Firenze, che inducono a metterla in discussione. Nei Catasti del 1458 (Catasto 798, c. 151r) e del 1469 (Catasto 911, c. 172v), Francesco Castellani, che ricordiamo aveva avuto per qualche tempo in affitto la Caterina schiava circassa come balia della figlia, tra le sue sostanze elenca rispettivamente:

Una schiava per nome Caterina, costò f. 60, oggi è d’età d’anni 40 o più
Una schiava per nome Chaterina, d’età d’anni 50

Alla stessa serva Caterina Francesco fa riferimento più volte anche nelle sue Ricordanze, tra il 1459 e il 1461 (Ricordanze II (1459-1494), Firenze, 1995, pp. 38, 137), mentre non ne parla nel Catasto del 1480 (Catasto 1002).
Sempre prescindendo da eventuali errori catastali, la schiava doveva quindi essere nata verso il 1418/19; nel 1450, quando il Castellani prese come balia la Caterina circassa, aveva attorno ai 31/32 anni.
Ginevra Redditi si era quasi con certezza sposata con Donato nel 1449 (Manoscritti 361, c.144r) probabilmente dopo un primo matrimonio e dopo un periodo di vedovanza trascorso con i fratelli, che al Catasto del 1442 registrano tra le “Bocche” una loro sorella vedova di 36 anni (Catasto 614, c. 227r), ma nessuna schiava. Poiché il rogito del 1452 riferisce che la Caterina circassa era divenuta proprietà di Ginevra prima del matrimonio, e al suo servizio da molti e molti anni, la Redditi doveva averla acquistata molto prima del 1449 e al più poco dopo il 1442, ossia quando la Caterina citata nei Catasti del Castellani aveva un’età compatibile con quella che avevano le schiave quando venivano vendute.
Non è improbabile che Francesco Castellani, dopo averla tenuta in affitto per qualche tempo, avesse poi deciso di acquistare da Ginevra la Caterina circassa, pagando alla Redditi una cifra cospicua, perché la giovane ritornasse al servizio della sua famiglia. Così la stessa Caterina avrebbe lasciato l’abitazione di Ginevra dopo il rogito del 1452 per ritornare nel palazzo del Castellani, dove avrebbe vissuto almeno per altri diciassette anni, il che giustificherebbe la sua assenza nella dichiarazione catastale di Donato Nati del 1458.
Quanto detto presuppone ovviamente che l’atto del 2 novembre 1452 non sia stato una reale “liberatio” come scrive il Castellani, peraltro alquanto impreciso in alcune sue affermazioni. A tale proposito va detto che, ad esempio, in merito alla data dell’atto, egli sbaglia, scrivendo che fu rogato “a dì 2 novembre 1452, posto che la carta per errore dice a dì 2 dicembre, e così la less’io”. Nel rogito il giorno è invece scritto chiaramente “XXX” corretto in “secunda”, ed il mese cancellato non si legge, a mio avviso, “decembris” ma più probabilmente, con una inesattezza di scrittura, “octoribris” corretto in “novembris”, cosa assolutamente plausibile. E’ infatti ragionevole pensare che Ser Piero avesse iniziato la stesura dell’atto il 30 ottobre, e che per qualche motivo lo avesse interrotto portandolo a termine tre giorni dopo, ossia il 2 novembre. Questo giustificherebbe la correzione della data fatta sul documento, correzione dunque non da imputare, come si è detto, ad un momento di emozione da parte di Ser Piero perché si trovava davanti alla madre di suo figlio.

Dunque, ammettendo che la schiava Caterina presente nei Catasti del Castellani del 1458 e del 1469 fosse l’omonima circassa citata nel rogito del 1452, la protagonista del libro di Vecce non può essere la madre di Leonardo.

Ma anche a prescindere da quanto si legge nelle dichiarazioni catastali del Castellani, un’altra considerazione porta a mettere in dubbio che Caterina circassa fosse “Caterina mater”.
Dal Catasto del 1480 di Reddito di Antonio Redditi, fratello di Ginevra, apprendiamo che, poco dopo la scomparsa di Donato Nati, Ginevra si era risposata con Tommaso di Iacopo Salvetti (Catasto 1002, c. 472r), ricco avvocato, giudice ed oratore fiorentino. Grazie a questa informazione è stato possibile rintracciare il testamento di Ginevra, rogato il 18 luglio 1476 dal notaio Ser Giovanni di Andrea Spigliati (Notarile antecosimiano 19458, c.n.n.). La testatrice vi nominò suoi eredi i fratelli Andrea e Reddito ed i loro figli; tra i vari lasciti destinò cinque fiorini a una non meglio identificata Caterina moglie “Rainaldi testoris pannorum lineorum, habitanti in Via Servorum”. Non è da escludere che quella Caterina fosse la ex schiava circassa di Ginevra che prima del 1476 si sarebbe sposata col tessitore Rinaldo, e che quindi non era la madre di Leonardo. A lei la Redditi, oltre alla donazione stabilita nel rogito del 1452, avrebbe lasciato del denaro come ricompensa per i numerosi anni trascorsi al suo servizio. Tale evenienza peraltro non contrasta con il fatto che la circassa potesse essere la stessa schiava presente nei Catasti di Francesco Castellani del 1458 e 1469, ed assente in quello del 1480.

Ma si tratta sempre di ipotesi.

 

 

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