Utile et humile et pretiosa et casta

Così descriveva l’acqua S. Francesco nel Cantico delle Creature, attorno al 1224. Certo, che sia davvero utile e ‘pretiosa’ ne siamo ancor più convinti oggi, non solo per i problemi di approvvigionamento idrico presenti in molte aree del nostro pianeta, ma anche per il suo assoluto rilievo astronomico. Una delle grandi questioni tutt’ora aperte è la sua non uniforme distribuzione tra pianeti del sistema solare (è un eufemismo), così come la composizione isotopica di quella presente sulla Terra e sulle comete. Ma ciò che la propone oggi all’attenzione dei media è la sua scoperta, come vapore acqueo, su un esopianeta: K2-18b. Si chiama così un pianeta in orbita attorno ad una stella che non è il Sole: se ne conoscono oltre 4000 ufficiali (4112, al 17 Settembre 2019) ed altre migliaia sono in attesa di validazione osservativa. Ricordiamo che il primo riconosciuto, 51 Pegasi b, fu annunciato nel 1995 ad un congresso proprio a Firenze.

L’interesse verso gli esopianeti risiede, oltre che nello studio dell’ambiente di formazione stellare e della sua dinamica, nel forte sviluppo del campo di ricerca astronomico dell’Esobiologia. E’ un interesse relativamente recente ed è legato al progresso delle tecnologie osservative e computazionali. L’Esobiologia ha lo scopo di individuare eventuali presenze di vita, in qualsiasi forma, in questo settore della nostra Galassia, la Via Lattea; intanto, vista la difficoltà (sottovoce: impossibilità o quasi) di tale indagine, questa disciplina sta definendo le condizioni chimico fisico e biologiche affinché una qualsiasi forma di vita possa generarsi e mantenersi. Sono studi che aiutano anche a capire come ha avuto inizio la vita sulla Terra. Risulta che c’è una manciata di presupposti universali e obbligatori, ed uno di questi è proprio la presenza di un liquido, in primis l’acqua. Essa infatti garantisce la mobilità delle molecole pre-biotiche (e anche delle altre ovviamente) e ne favorisce la combinazione attraverso la sua struttura dipolare; inoltre inibisce grandi sbalzi di temperatura grazie alla sua capacità termica. L’acqua costituisce dunque un ambiente particolarmente favorevole all’insorgere della vita.

Ecco allora che l’annuncio della scoperta spettroscopica di vapore d’acqua nell’atmosfera di K2-18b dato da due gruppi internazionali, in uno dei quali lavora l’astrofisica italiana Giovanna Tinetti dell’University College di Londra e cervello-in-fuga, ha suscitato subito l’interesse vivo (è il caso di dirlo) dei colleghi insieme ad una vasta eco mediatica. Vapor d’acqua, si noti, e non (ancora) acqua nella fase liquida. Ma è comunque un buonissimo inizio. L’analisi è stata condotta con i dati ottenuti col telescopio spaziale Hubble. Il pianeta era già stato individuato, ma non ancora studiato, nel 2015 dal satellite Kepler, veicolo spaziale specializzatissimo della NASA, al quale si deve la stragrande maggioranza degli esopianeti individuati dopo il 2009, suo anno di lancio. Quello che si sapeva finora è che si tratta di una super-Terra ossia di un corpo con dimensioni circa doppie del nostro pianeta e massa otto volte tanto. Alla fine risulta una gravità leggermente diversa, ma basta abituarcisi. Posto prospetticamente nella Costellazione del Leone, dista 110 anni luce dal Sole, il che equivale ad un milione di miliardi di chilometri: un viaggio di sola andata richiederebbe più di un milione di anni, con un’astronave di prossima generazione. Noiosissimo.

Una questione altrettanto importante, nonché uno dei pre-requisiti per la vita ricordati sopra, è il tipo di stella attorno al quale ruota l’esopianeta e a quale distanza. Sono ovvie le conseguenze dell’essere troppo vicini o troppo lontani dalla stella, e la fascia opportuna che ne consegue prende il nome di zona di abitabilità. K2-18b orbita appunto in tale zona e quindi ha una temperatura superficiale compatibile con la vita. E’ questo che rende molto interessante l’attuale scoperta del vapore, che pure era già stato osservato in altri esopianeti, poiché per quella super-Terra ben due delle condizioni necessarie alla vita sono soddisfatte. Tuttavia restano da valutare altri parametri. La stella di K2-18b, che si chiama ovviamente K2-18, è una nana rossa, ossia una stella sensibilmente più piccola e meno luminosa del Sole. Questo tipo di stelle è il migliore candidato per l’Esobiologia, poiché sono macchine molto stabili e si pensa che costituiscano circa i ¾ delle stelle della Galassia. Però di conseguenza il pianeta, se si trova nella fascia abitabile, deve stare molto più vicino alla debole stella (un po’ più di 20 milioni di chilometri, sembra) e quindi ha un periodo di rivoluzione (‘anno’) più breve, inoltre la massa relativamente grande comporta che abbia trattenuto un’atmosfera ben più estesa e densa di quanto non abbia potuto fare la Terra: quale può essere il rapporto con il nucleo solido? Insomma restano ancora molti punti da chiarire e molte ore da dedicare alla raccolta dati e alla loro elaborazione. Da remoto, naturalmente, perché di andare di fin là non se ne parla neppure per scherzo.

 

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