Rolling Stones

“C’era una volta, a Natale.”

“Una cometa!” diranno subito i nostri piccoli lettori.

No ragazzi, anche stavolta avete sbagliato. Prima di tutto, molte ricerche storiografiche e di archeoastronomia escludono ormai che fosse una cometa l’astro di Betlemme seguito dai famosi Re Magi, che peraltro non erano né Re, né maghi. Con buona pace dell’evangelista Matteo.

E poi quello che sta solcando i cieli di queste settimane dell’Avvento è invece un asteroide di medie dimensioni e dal nome che ricorda uno smartphone: 3200 Phaethon. Noto già da oltre trent’anni (fu individuato nel 1983 da un satellite spaziale per osservazioni nell’infrarosso), oggi questo corpo fa parlare di sé i media, poiché subito dopo la metà di dicembre passerà vicino alla Terra. Anzi, il lessico da Breaking News ormai imperante dice ‘molto’ vicino o addirittura che ‘sfiorerà’ la Terra. Sì, d’accordo, l’asteroide ha un’estensione di 5 km, e se colpisse il nostro pianeta, provocherebbe una distruzione immane, basti pensare che 65 milioni di anni fa i dinosauri probabilmente si estinsero per l’impatto con un corpo di 12 chilometri, che sconvolse tutto l’habitat terrestre. Ma stavolta saremo distanti 10 milioni di chilometri: pochi rispetto alle molte decine o centinaia di milioni di chilometri che ci separano normalmente, ma pur sempre un abisso. Il fatto è che si muove su un’orbita molto eccentrica, cioè piuttosto lontana dalla forma del cerchio, e quindi la distanza da noi varia in modo sensibile. Comunque, per esempio, tale distanza è 30 volte quella dal nostro satellite, la Luna, ossia, usando un’altra unità di base, 12 mila volte la dimensione della Terra. Insomma: prepariamo spumante e affini per le prossime feste, con tutta tranquillità; magari, se sarà sereno, scrutiamo invece le notti per un paio di settimane d’ora in avanti, sperando di vedere qualche brillante traccia dello sciame meteorico delle Geminidi che accompagna Phaethon ed è proprio un ‘sottoprodotto’ dell’asteroide. Aguzzare la vista in direzione della costellazione dei Gemelli, dove è situato il radiante, ossia il punto apparente di provenienza delle meteore.

Ben altro interesse riveste un altro corpo vagante, in visita al Sistema Solare da alcuni mesi: Oumuamua. In lingua hawaiana significa “messaggero venuto da lontano” (la pronuncia esatta è a carico del gentile lettore) in omaggio al sito dell’Osservatorio che l’ha scoperto nello scorso ottobre. La sua formidabile particolarità è che non è un asteroide, poiché questa denominazione spetta solo a quelle centinaia di migliaia di oggetti ruotanti in varie fasce attorno al Sole. No: Oumuamua viene dall’esterno del Sistema Solare, cioè si è formato presso un’altra stella, è un corpo interstellare. E’ il primo che viene classificato in questa categoria: tipologia prevista teoricamente ma di fatto mai osservata fino ad ora. E’ lungo appena 400 metri, ma come si dice in molte circostanze, non sono le dimensioni che contano. Capire di cosa è composto e quali fenomeni fisico-chimici ha subìto sarebbe un aiuto notevolissimo per ‘sbirciare’ nell’ambiente di un altro sistema stellare. Quale? Non lo sappiamo per ora, ma intanto viene fotografato, misurato, osservato il più possibile. Perché purtroppo si sta già allontanando, ha passato il perielio, e non tornerà mai più: percorre un’orbita iperbolica. In altre parole non è legato gravitazionalmente al Sole, non si muove su una traiettoria chiusa. Magari se ne va amareggiato, quasi ignorato dai media tutti affannati su Phaethon. E’ sempre così: ubi maior.

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