Il Premio Nobel per la Chimica 2020 alle due ricercatrici con le “forbici” d’oro

Il premio Nobel per la Chimica di quest’anno è stato attribuito, per la prima volta nella sua storia, ad una coppia di ricercatrici, la microbiologa francese Emmanuelle Charpentier (52 anni) e la chimica statunitense Jennifer Doudna (56 anni), per lo sviluppo di una tecnica, denominata Crispr, la quale permette di modificare con altissima precisione il DNA di moltissimi organismi, tra cui anche l’uomo.

Il termine Crispr, acronimo di Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats, sta ad indicare una famiglia di segmenti di DNA presente nel genoma dei batteri. Queste brevi sequenze di basi nucleotidiche ripetute più volte, sono alla base di un sistema di difesa utilizzato dai batteri per fronteggiare l’attacco dei virus.

Le due scienziate, nell’esperimento chiave della loro ricerca, pubblicato sulla rivista Science nel 2012 (doi: 10.1126/science.1225829. Epub 2012 Jun 28) e definito “immortale” da altri ricercatori del settore, hanno utilizzato i componenti chiave del sistema batterico presente in natura, modificandolo in modo da farlo funzionare anche in laboratorio.

In questo modo, Crispr è diventato uno strumento fondamentale per la ricerca biotec nei laboratori di tutto il mondo.

Senza entrare nei dettagli della tecnica, possiamo dire che Crispr agisce come un paio di forbici o, se si preferisce, come un bisturi molecolare, capace di tagliare il DNA in punti ben precisi dove, ad esempio, sono presenti degli “errori” o delle “frasi difettose”, correggendoli con un’altissima precisione (una singola base nucleotidica). Il sistema è simile a quello di un accurato lavoro editoriale e per questo viene definito “editing genetico”.

Prima di Crispr, le tecniche più popolari per agire sui genomi erano basate sull’uso di particolari enzimi (enzimi di restrizione) capaci di operare dei tagli in corrispondenza di particolari sequenze di DNA. Questi interventi avvenivano sì con una notevole precisione, ma richiedevano un lungo e complesso lavoro di progettazione da parte dei ricercatori.

La grande rivoluzione introdotta dal sistema Crispr, è che esso è “programmabile”, cioè non richiede di progettare tutto fin dall’inizio per modificare un dato gene, sia che questo appartenga ad una cellula vegetale o animale, uomo incluso.

La versatilità della tecnica è tale che ha aperto un mondo di possibilità che vanno dall’agricoltura alla medicina. In particolare, in quest’ultimo campo, gli scienziati hanno cominciato a studiarne le possibili applicazioni nel campo delle malattie genetiche, come la distrofia muscolare, le talassemie, la fibrosi cistica, ai tumori, alle malattie neurologiche come l’Alzheimer e il Parkinson.

La possibilità che Crispr possa essere usata sugli esseri umani, al fine di modificarne in modo ereditabile il patrimonio genetico, ha, d’altro canto, fatto sorgere delle legittime preoccupazioni in campo bioetico. La stessa Jennifer Doudna, in questi anni, è sempre stata in prima fila nel denunciare i possibili pericoli connessi nell’impiego di tale tecnica, in assenza di precise garanzie, sugli esseri umani.

Un’ultima considerazione. Il fatto che l’Accademia delle Scienze abbia attribuito il massimo riconoscimento a queste due grandi scienziate, va anche a sanare un vulnus ancora oggi aperto. Infatti, fin dai tempi della mancata attribuzione del Premio Nobel a Rosalind Franklin, la ricercatrice inglese che per prima (1953) ottenne la prova che dimostrava la struttura a doppia elica del DNA, la rappresentanza femminile all’interno dei riconoscimenti scientifici è sempre stata bassa. Speriamo che oggi si sia fatta la storia in entrambi i campi.

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