Organizzazioni internazionali e diritti umani

L’8 febbraio p.v. alle ore 17, Antonio Zanfarino inaugurerà alla Colombaria il ciclo di lezioni su “I diritti nei settant’anni della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, con una lezione su “Costituzionalismo e diritti umani”. Faranno seguito, nei giovedì successivi, le lezioni di Luigi Lombardi Vallauri “La Costituzione e il diritto degli animali”; Francesco Margiotta Broglio su “Diritto alla libertà di culto”; Pietro Costa su “Diritti dell’Uomo e diritti del cittadino” e infine, Giovanni Furgiuele su “I diritti di famiglia e di genere”. Pubblichiamo volentieri questo scritto di Enrico Spagnesi, che introduce al tema. 

Organizzazioni internazionali e diritti umani
di Enrico Spagnesi

La Dichiarazione dei diritti delle colonie avvenuta nell’ottobre 1774 a Filadelfia è unanimemente riconosciuta come fondamentale espressione del percorso compiuto dai diritti umani in epoca moderna, con essa i nordamericani “in virtù delle immutabili leggi della natura” (non solo, ma soprattutto) rivendicavano il loro diritto “alla vita, alla libertà, alla proprietà”. Tale atto fu surclassato in notorietà dalla Déclaration des droits de l’homme e du citoyen proclamata a Parigi al principio d’ottobre del 1789, all’indomani della rivoluzione francese, consistente d’un proemio e di 17 articoli. Entrambi i documenti erano frutto delle rivendicazioni giusnaturaliste, riflesse nelle opere di numerosi pensatori dell’ultimo Settecento, specie in Francia. Precisazioni, e intenzioni lodevoli e generose, purtroppo messe da parte dalle ripetute eclatanti infrazioni d’ogni principio umanitario e diritto umano commesse durante il secondo conflitto mondiale, fatto che determinò la comunità internazionale a rinnovare quelle antiche proposizioni, profittando della sostituzione della Società delle Nazioni con un organismo analogo ma assai più efficiente; e già nel preambolo della Carta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite venivano giudicati degni di menzione il rispetto dei diritti fondamentali e le azioni dirette all’attuazione di tale intento. Il 10 dicembre 1948, a Parigi, l’assemblea dell’ONU approvava e proclamava la “Dichiarazione universale dei diritti umani”, intesa “come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e tutte le Nazioni” attraverso l’opera educativa d’ogni individuo e d’ogni organo della società.

La commissione redattrice comprendeva cinque persone di diversa nazionalità, la presiedeva la statunitense Eleanor Roosevelt, tanto attiva e motivata da esser definita da Harry Truman first lady of the world; un altro membro importante ne fu René Cassin, professore universitario, magistrato e diplomatico francese. Quanto al contenuto, al preambolo seguivano 30 articoli, che dopo aver richiamato, nei due primi, i concetti di libertà, d’uguaglianza e di fratellanza e averli affermati spettanti a ogni individuo a prescindere dalla razza, dal colore, dal sesso, dalla religione, dalle opinioni politiche e dalla lingua, elencava gli altri diritti individuali ‘assoluti’, come quelli a un giusto processo (artt. 3-11), li precisava nei confronti delle comunità, internazionale (artt. 12-17), e nazionali (artt. 18-27) prefigurando l’inserimento di alcuni di essi nelle carte costituzionali, per chiudere con alcune generiche raccomandazioni sulla retta interpretazione di quanto esposto.

La dichiarazione ha avuto notevoli influssi, non foss’altro per essere la prima a inserire in un documento solenne, di valore internazionale, princìpi così impegnativi. A livello scientifico, ha provocato numerose discussioni tra gli studiosi, in particolare per identificare le origini delle espressioni usate, il loro valore esatto, e specialmente le conseguenze giuridiche. A proposito di queste, ben diversa è la situazione seguente la firma di alcuni accordi e trattati tra gli Stati membri dell’Unione Europea, a partire dalla CEDU, o Convention Européenne des droits de l’homme, firmata a Roma il 4 novembre 1950, fra i componenti d’allora del Consiglio d’Europa, cui seguì nel 1959 l’istituzione della Corte europea dei diritti dell’uomo, oggi con sede a Strasburgo, in una strada intitolata al Cassin che ne fu presidente e che ricevette nel 1968 il premio Nobel per la pace, grazie al suo impegno nell’ente. Per comprendere la sua importanza, basti dire ch’esso è stato l’unico organo giurisdizionale che sia pure in via sussidiaria (cioè dopo aver esperito inutilmente i mezzi legali dello Stato d’appartenenza) consentiva ai singoli individui di richiedere la tutela dei diritti previsti dalla suddetta Convenzione. Questa ha ricevuto integrazioni e modifiche ad opera di 14 protocolli aggiuntivi, ma a sua volta ha aperto la strada ad un ulteriore documento, la “Carta dei diritti fondamentali”, noto col nome di Carta di Nizza, redatto da una commissione di 62 membri, che ha avuto approvazione a Strasburgo il 12 dicembre 2007. Oltre al preambolo, la Carta comprende 54 articoli, divisi in sette titoli (Dignità; Libertà; Uguaglianza; Solidarietà; Cittadinanza; Giustizia; Disposizioni generali); in virtù del trattato di Lisbona del 2009 (art. 6) ha ricevuto lo stesso valore giuridico dei trattati europei. Merita segnalare il fatto che si scenda in particolarità garantiste, anche emerse da poco tempo, come la tutela dei dati personali, o la lotta alle discriminazioni derivanti dall’orientamento sessuale.

Le vicende menzionate inducono a riflettere. Dalle settecentesche rivendicazioni alquanto sommarie, esortative e non sanzionate se non da una generica riprovazione morale, siamo arrivati ad elenchi fitti di prescrizioni su veri e propri reati, come tali punibili. Vero è, come affermato da insigni politologi e studiosi, che vocaboli come ‘libertà’ ed ‘uguaglianza’ (per menzionare solo i maggiori per vastità semantica) sono stati ignorati e sono tuttora sconosciuti in alcune ‘culture’, ma ciò dev’essere inteso come un potente incentivo perché le organizzazioni internazionali, specie governative, proseguano sulla strada del superamento definitivo d’una deleteria tradizionale opinione, cioè che le questioni relative ai diritti individuali siano faccende interne all’ordinamento giuridico degli Stati, senza possibilità d’interventi, calcolati come interferenze indebite. Indubbiamente oggi si riscontra la tendenza, riconosciuta a livello universale, a ritenere i diritti umani parte integrante dell’inderogabile ius cogens internazionale; e tale riferimento alla concreta dignità di ‘persona’ da tutelare è certamente dovuto anche alla menzione degli anonimi ‘individui’, fatta nelle norme stipulative (trattati, accordi, ‘carte’, dichiarazioni), previste e promosse dall’encomiabile lavoro della diplomazia multilaterale.

 

Lascia un commento