Alterazioni climatiche e pandemia

Fra le cause che si ritiene possano favorire lo scatenarsi di un’epidemia, un ruolo centrale potrebbero svolgerlo alcuni fattori “ambientali”, tra cui il clima e l’inquinamento.

Riguardo al clima è noto che l’Europa nei primi decenni del 1300 fu interessata da un generale abbassamento delle temperature, la cosiddetta “piccola glaciazione”, che comportò una drastica riduzione della produzione agricola, con conseguenti carestie. Le popolazioni delle campagne si riversarono nelle città alla ricerca della sussistenza, creando insediamenti sovrappopolati, caratterizzati da condizioni igieniche molto precarie (cumuli di rifiuti nelle strade, assenza di fognature, ecc.). In questo quadro così degradato, la “peste nera” trovò le condizioni adatte per il dilagare.

Adesso siamo in un periodo di tempo caratterizzato da un generale aumento della temperatura media della Terra, il cosiddetto “riscaldamento globale o “surriscaldamento climatico”, che secondo molti ricercatori potrebbe avere un effetto diretto sui virus dell’influenza. Non lo sappiamo con certezza, ma alcuni indizi ci dicono che è così. E’ noto che il freddo tende a favorire l’influenza, ma alcuni ceppi influenzali sembra che si adattino meglio ai mesi estivi. Si può ricordare che la seconda e più letale ondata della “spagnola”, scoppiò proprio nella seconda metà del mese di Agosto 1918, e che la pandemia influenzale nota come “asiatica”, che nel biennio 1957-59 provocò circa 2 milioni di morti nel mondo, con più di 30.000 decessi in Italia, si diffuse nel nostro paese a partire dall’Agosto 1957.

Possiamo tracciare un parallelismo anche riguardo alla grande diffusione del Covid-19, in particolare nel nord del nostro paese? Non ci sono delle risposte sicure. Ma è un dato assodato che l’inverno 2019-20 è passato senza lasciare traccia, con temperature fino a 10 gradi superiori alla media.

La relazione tra variazioni climatiche e insorgenza delle malattie è indubbiamente un quesito molto complesso che meriterebbe di essere indagato più approfonditamente e su più fronti, poiché solo un approccio multidisciplinare del problema potrà aiutarci in futuro a contrastare nuove epidemie.

Come dovrà essere tenuto in conto anche l’aumento, a livello globale, dell’inquinamento. L’immissione nell’atmosfera di sempre maggiori quantità di gas, liquidi e solidi, l’uso sempre più diffuso in agricoltura di prodotti chimici, la grande diffusione degli allevamenti intensivi e, non ultimo, il sovrappopolamento urbano delle metropoli sono li a dimostrarlo.

La città di Wuhan, da dove si ritiene sia iniziata la diffusione del “corona virus” è una megalopoli di quasi 11 milioni di abitanti, nella quale coesistono zone modernissime accanto a mercati (wet market) dove vengono venduti animali selvatici. Non è un caso che anche in Italia, i focolai epidemici abbiano trovato un terreno fertile in zone molto inquinate di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Basti qui ricordare le alte concentrazioni di polveri sottili che si registrano ogni anno nella Pianura Padana, che la rendono una delle zone più inquinate d’Europa.

D’altra parte come non considerare l’inquinamento la pestilenza del nostro tempo? Due grandi scrittori inglesi, Neil Gaiman e Terry Pratchett, hanno sottolineato questo nel loro libro “Buona Apocalisse a tutti!”, mandando in pensione uno dei Quattro Cavalieri dell’Apocalisse, Pestilenza, sostituendolo con Inquinamento.

Possiamo solo augurarci che, una volta passata l’emergenza legata a questa pandemia, si possa aprire una vera, profonda riflessione sul tipo di sviluppo che il nostro pianeta, l’unico che abbiamo, possa permettersi.

 

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