La crisi del Welfare State

Tre sono i processi fondamentali che, storicamente, spiegano l’adozione di politiche di Welfare da parte dei governi occidentali: a) lo sviluppo socio-economico basato su urbanizzazione ed industrializzazione; b)la mobilitazione politica della classe operaia per arginare la quale lo Stato-nazione ha elaborato una legislazione sulle assicurazioni sociali; c) lo sviluppo costituzionale democratico finalizzato alla massima estensione possibile della cittadinanza, onde consentire ai gruppi sociali sottoprivilegiati di tutelare le proprie chances di vita entro una soglia dignitosa. I regimi democratici hanno promosso ed adottato con un impegno costante per l’intero Novecento le politiche di Welfare come espedienti fondamentali per mantenere l’ordine e l’integrazione sociale a fronte delle gravi condizioni di vita in cui la Grande Depressione del ’29, prima, e la Seconda Guerra Mondiale, poi, avevano gettato le classi subalterne.

Ricordiamo che il termine “Welfare State” cominciò ad essere usato pubblicamente in Gran Bretagna nel 1941, in un periodo dunque di resistenza nazionale contro la minaccia nazista. In effetti ogni riflessione sulla crisi contemporanea del Welfare State non può prescindere dal suo presupposto marcatamente nazionale. Il nucleo storico fondamentale del Welfare State ha le sue radici nell’ ordine politico e territoriale espresso dalla Stato-nazione. Il bilancio di ogni singolo Stato è la fonte primaria delle risorse necessarie per l’implementazione delle politiche di protezione sociale nei confronti dei segmenti più deboli della popolazione. Così come le istituzioni politiche nazionali dai parlamenti, ai governi ed ai partiti sono gli attori-decisori dei processi di orientamento delle politiche sociali ad hoc. Ma oggi? Oggi la globalizzazione economica rappresenta il principale fattore destabilizzante degli impianti dei diversi Welfare State europei. La progressiva interdipendenza tra le economie nazionali promossa dalla internazionalizzazione del mercato e della finanza entra in contrasto con le questioni politiche economiche e sociali nazionali determinanti per l’organizzazione del Welfare State. La crisi del Welfare State deriva naturalmente da una pluralità di fattori. L’indebolimento dell’industria tradizionale e l’espansione dell’alta tecnologia trasformano l’economia ed il mercato del lavoro; mentre disgregano le classi medie, dilatano la povertà che colpisce soprattutto disoccupati, pensionati e giovani. La difficoltà di tassare i ceti medi, perché i loro redditi si sono indeboliti, mette in crisi l’efficacia della protezione sociale e l’estensione del Welfare. L’incapacità delle economie industrializzate occidentali di reggere la concorrenza dei sistemi produttivi asiatici, basate su bassi costi, indebolisce la tutela delle classi produttive e depotenzia ulteriormente le capacità fiscali degli Stati. La crisi finanziaria, o meglio la Grande Recessione, del 2007 sembra aver messo in piena luce l’incapacità di sopravvivenza del Welfare State in un contesto internazionale che agisce fuori dal controllo dei singoli Stati e più in generale da ogni controllo.

L’ordine economico liberale a livello internazionale sostenuto da istituzioni come il Gatt e il Wto non sembra più compatibile con le dinamiche capitalistiche industriali che sostenevano il Welfare dall’interno di ogni singolo paese. Non è un caso che viviamo in tempi di sovranismo: un orientamento politico di retroguardia che rappresenta una risposta come dire primitiva al problema e che comunque comprova l’inadeguatezza delle classi politiche e dirigenti, specialmente in Europa, a fronte delle sfide economiche e politiche contemporanee. Non è un caso che i processi di aggregazione transnazionale che, per fare un esempio significativo, avevano promosso l’Unione Europea stiano attraversando una pericolosa fase di arresto. La politica, nelle sue derive nazionalistiche e regressive rispetto alle spinte dei decenni antecedenti, cerca affannosamente di arginare le spinte socialmente disgreganti ed inattese determinate da una globalizzazione economica non regolata. Il Welfare State se non vuole evaporare si deve riformare. Il Welfare ha bisogno di una profonda innovazione e di maggiore razionalizzazione nell’erogazione dei servizi  così come deve adottare moderne tecnologie gestionali che ne contengano i costi senza svilire la qualità delle prestazioni. La mancanza di queste riforme avrà degli effetti devastanti sulla tenuta del quadro politico ed ancora più sul quadro di valori fondanti la convivenza sociale e la nostra cultura democratica.

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