FIRENZE DI OGGI E DI DOMANI (Progettare per sopravvivere)

Riflettere sulla città di oggi e prospettarne lineamenti di nuovo e diverso assetto urbanistico è impresa ambiziosa e scoraggiante nello stesso tempo. Le ultime stagioni amministrative sembrano aver fatto dimenticare la stessa disciplina urbanistica. Bisogna riandare all’assessorato regionale di Riccardo Conti per cogliere gli ultimi palpiti di interesse per la regolamentazione e le infrastrutture del territorio regionale. Poi, quasi più nulla, se non un continuo “aggiustamento normativo” per secondare gl’investimenti sui singoli confini comunali; un fenomeno del quale, Firenze, per la sua appetibile conformazione, è stata proiettile tracciante per la finanza internazionale, fino a fornire (da parte della stessa Amministrazione Comunale) elenchi di importanti edifici “dismessi”, da trasformare e su cui investire.

Potremmo dire che l’urbanistica, nata come “disciplina che studia il territorio antropizzato, preposta alla progettazione e pianificazione dello spazio urbano e del territorio connesso” nella sua prima fase, è passata all’urbanistica contrattata, per configurarsi oggi in una urbanistica finanziarizzata (fatta di continue “varianti” per favorire l’arrivo di capitali da investire). Con ciò decretando l’estinzione della funzione istituzionale e originaria dell’urbanistica stessa.

*

La Firenze di oggi, definitivamente persa l’occasione di un progetto sovracomunale (o intercomunale), rinunciando persino a pensare alla sua “area metropolitana” (con tutti i suoi limiti istituzionali) si consuma con modalità municipalistiche, intorno al tema dello Stadio, della rete tramviaria e della nuova pista aeroportuale. Tutto questo dimenticando di affrontare non solo un necessario Piano per la Città della metà del secolo senza il quale ci si troverà in una progressiva necrosi urbana, ma sottovalutando la funzione peculiare della “manutenzione della città”. In questo senso valga un caso per tutti: quello dei lavori in via Serragli (chiusa da quasi due anni, con continue concessioni di proroghe all’ultimazione dei lavori penalizzando gravemente ed economicamente i cittadini dell’Oltrarno): qualcosa che oltre a chiamare in causa il RUP dei lavori (Responsabile Unico del Procedimento) potrebbe finire per interessare gli organi giudiziari. Una imbarazzante dimostrazione di disfunzione nella gestione della città da cui partire per tornare a riflettere su possibili impostazioni migliorative.

*

Da quanto precede risulta chiaro come nella città di domani sia necessaria, ancor prima di una rinnovata e più adeguata pianificazione, una maturazione di passo politico e culturale in grado di profilare un “riequilibrio” delle sue funzioni, sottraendola alla monocultura del turismo e prospettandola verso nuovi ruoli internazionali. Ma a questo punto, proprio dopo le riflessioni che si possono fare a seguito del “tempo dell’immobilità” che ci sta alle spalle, non si può dimenticare la nuova progressiva deriva di carattere antisociale e anticomunitario che si sta manifestando: il passaggio dalla communitas alla immunitas, capace di interrompere quel circuito sociale che rimandava ad una disponibilità reciproca nella vita di relazione. Il ritorno ad una globalizzazione (inevitabile, almeno per ora) ancora più pervasiva e agguerrita – come dimostrano alcuni primi gravi comportamenti del post-covid – pone al nostro territorio alcune istanze non più rinunciabili.

  1. Cultura. Un salto culturale e di competenza nella dirigenza pubblica che sappia riaggregare verso quel nuovo “altrove” (spiritualmente sempre presente a Firenze e intensamente predicato da La Pira). La città deve riaggregarsi intorno all’idea universale di “urbanitas”: Università, Istituto Universitario Europeo, istituti culturali della città, Biblioteche, Archivi, associazioni giovanili e artistiche dovrebbero essere coinvolti in un “progetto unificante” che torni a fare della città un Grande Polo Culturale di Ricerca europeo e internazionale.

Che la cultura artistica e le sue espressioni istituzionali (musei e soprintendenze) non siano più delle monadi arroccate sui propri privilegi ma tornino a dialogare, così da superare insieme – con gli strumenti di pianificazione urbanistica – nuovi assetti e nuove sedi, in modo da superare l’ingolfamento funzionale che li caratterizza.

  1. Infrastrutture. Occorre prendere atto di un fenomeno inarrestabile, proprio delle ultime generazioni: il passaggio da una “cultura stanziale” ad una “cultura itinerante”: ovunque, persone, merci, si muovono nella logica della globalizzazione che impone rapidità/simultaneità. Dunque, quando si parla di armonizzare e promuovere le infrastrutture, non si accenna solo alle strutture per la “mobilità” fisica (spostamenti, sistema viario, sistema aeroportuale, attrezzature sportive, strutture per l’istruzione e il tempo libero, parchi, agricoltura), ma anche a quelle tecnologiche, proprie della cosiddetta “città cablata”, per la quale siamo abbastanza in ritardo.
  2. Nuova Pianificazione Urbanistica. “Progettare per sopravvivere” è un imperativo politico-culturale, più semplicemente civile, che dovrebbe essere scritto sull’architrave della Sala di Clemente VII (notoriamente, la stanza del Sindaco). E’ ormai di tutta evidenza come non sia più procrastinabile una Pianificazione sovracomunale che superi anche la logica dei PTC (Piani Territoriali di Coordinamento), investendo competenze diverse e implementate (urbanistica, economia, sociologia, informatica), con gli “attori” operanti sul territorio. Ogni ulteriore frammentazione nelle analisi e nella pianificazione potrebbe rivelarsi strumento fatale verso la “necropoli fiorentina”. Non c’è più tempo!

FIRENZE-OGGI-E-DOMANI_Francesco-Gurrieri.pdf

Lascia un commento