Profilo di storia politico-linguistica dell’italiano

Profilo di storia politico-linguistica dell’italiano.
L’apporto padano al toscano nella costruzione dell’idioma nazionale

di Temistocle Franceschi

Edizioni dell’Orso, 2020

Questo denso volume vuole offrire una prima storia linguistica completa dell’italiano (di contro all’usuale resoconto storico-letterario), dall’età di Cristo alla nostra, collegandone gli sviluppi alle singole fasi culturali, secondo una visione dichiaratamente personale, storico-geografica e socio-economica, in riferimento costante ai poteri dominanti (con un peculiare rilievo dato ai tramiti religiosi). L’impostazione è insolitamente ampia: parte dall’influsso culturale-linguistico esercitato dal greco di Alessandria d’Egitto (ben diverso da quello ellenico) sulla classe dirigente romana, donde il latino di Cesare si trasforma, nel corso di un secolo, in un neolatino popolare socialmente diffuso dalla predicazione cristiana. Questa prima fase della nostra lingua, che s’evolve nel romanico oggi proprio dell’Italia mediterranea (dall’Appennino toscano alla Sicilia) meglio si conservò nella valle dell’Arno, presto sottratta alle evoluzioni romane dall’annessione amministrativa e poi ecclesiastica a Milano. Città che rimane il centro religioso-culturale del Norditalia pur dopo la conquista carolingia, sotto cui il romanico si trasforma in italoromanzo: un parlare prossimo al romanzo (come qui è detto il neolatino occidentale, franco-iberico) assai più che al romanico. Nel basso medioevo la potenza economico-culturale padana riverserà l’italoromanzo sulla Toscana e in particolare su Firenze, divenuta una delle città più popolose del tempo grazie al forte arricchimento economico, a cui s’accompagna un eccezionale livello di sviluppo culturale.

L’Europa del secolo XII conosce la più estesa diramazione monacale, la cistercense; e l’analisi della lingua di Dante (confermata dall’altissima collocazione di san Bernardo nella Commedia) induce a postulare una colonizzazione culturale della Badia fiorentina ad opera dell’abbazia di Chiaravalle Milanese, in accordo col fatto che nel territorio romanico solo la Toscana pronuncia sonora ogni sibilante intervocalica del latino; fatto riflesso nei latinismi, e neologismi, dell’italiano locale, di contro alla conservazione della sorda latina nei vocaboli di tradizione popolare: dualità che si manifesta nella Commedia. E come la rosa mystica induce la sonorità della sibilante dentale nel nome toscano del fiore, così la regina coeli, che nella cultura padana suona rexina (dove x valeva, e in parte tuttora vale, il suono sibilante palatale che il francese rappresenta con j in Jean, Jacques), impone quella stessa pronuncia nel fiorentino, che anche in questo caso conserva la grafia tradizionale (di cui la scuola impone oggi una pronuncia antistorica, identica a quella iniziale di parola). Ma sotto la pressione del potere economico lombardo, Firenze va ampiamente assumendo altre pronunce del volgare padano, accettando palagio accanto al locale palazzo, Vinegia accanto a Venezia, fagioli in luogo di fascioli, ecc. E così religione ed economia concordi impongono le sonore romanze in padre, madre, vescovo, povero, pregare, pagare, bottega, podere, podestà, ecc., accanto a quelle rimaste di tradizione locale: donde l’equilibrio tra conservazione romanica e innovazione italoromanza che caratterizza il toscano. E ne risente persino il vocalismo, dove la novità del dittongo (qui definito carolingio, a determinarne l’origine) si afferma in piedi ma non in pecora, nel cittadino bue ma non nel bove del contado. Nel padano uo si fonde poi in ö, rispecchiato nel toscano dal ritorno a ò (già Leonardo scrive òmo). Che il dittongo toscano sia importato dall’italoromanzo si dimostra definitivamente dalla sua assenza nei casi di ò risalente al latino AU: fatto proprio del romanzo, ma che il toscano ricalca puntualmente.

Se già nel Trecento il fiorentino s’era imposto in Italia, nell’età rinascimentale è ripreso dai letterati settentrionali, per essere accettato nel Cinquecento come lingua nazionale; donde origina quella variante padana oggi sostanzialmente dominante il Norditalia, e che si va sempre più espandendo in ragione del predominio economico-culturale della regione. A un severo esame delle sue manchevolezze è dedicata l’ultima parte del volume.

Del quale si è data qui una traccia molto succinta, perché richiamare anche solo le principali delle molte spiegazioni offerte di tanti fatti, tra latino e neolatino, già ritenuti inspiegabili richiederebbe molto maggiori spazi.

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