Terremoti: 2016 Anno Horribilis

Il guscio esterno del nostro Pianeta: la Litosfera, è frazionato in grandi Placche, che si formano, crescono e scompaiono in lenti e continui processi geodinamici, da quando, poco più di 4 miliardi di anni fa, si è formata la prima Crosta solida della Terra: la crosta di Gaia, il Pianeta che vive.

Le zone dove le Placche vengono a contatto, sono areali nelle cui profondità si accumulano enormi quantità di energia che, una volta superati i limiti di rottura delle masse rocciose, si liberano repentinamente causando più o meno violenti movimenti tellurici, spesso accompagnati da una intensa attività vulcanica.

L’ area del Mediterraneo, dove le Placche africana ed euroasiatica giungono a contatto, è una zona particolarmente critica. Attualmente i margini delle due Placche, seguono grosso modo la costa africana, giungono alla Sicilia, risalgono lungo l’Appennino fino alla Alpi centro-orientali e quindi scendono lungo le Dinaridi, disegnando una sorta di penisola “africana” incuneata nella Placca europea. In questo quadro, le rocce crustali, sono soggette ad un complesso sistema di sollecitazioni meccaniche dovute sia ai movimenti convergenti della Placca Euroasiatica e di quella Africana, sia alle tensioni divergenti legate all’espansione del fondo oceanico del basso Tirreno, il tutto interagente con i movimenti distensivi dovuti alla lenta esumazione delle masse rocciose appenniniche. Basta andare nelle pagine web dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia dove, in tempo reale, sono elencati i terremoti rilevati dalla Rete Sismica Nazionale, per avere un’idea dell’elevato grado di sismicità del nostro Paese (ingc.it). La stragrande maggioranza sono sismi di debole intensità (MW inferiore a 3), rilevabile solo dagli strumenti, ma come bene sappiamo, talora si hanno terremoti fino a Magnitudo 6-7, dagli effetti devastanti per perdite umane e danni materiali.

Da quando nei primi anni Ottanta del secolo passato, ha iniziato a svilupparsi la RSN, il 2016 è stato l’anno in cui si è registrato il maggiore numero di eventi sismici, nonché il terremoto, quello di Norcia del 30 ottobre (MW = 6,5), di maggiore intensità dopo quello dell’Irpinia del 1980 ( MW = 6,9).

Nel 1783 un terremoto devastante, colpì la Calabria Ulteriore e lo Stretto di Messina. Il Governo del Regno di Napoli, istituì una commissione internazionale di esperti, guidata dal grande geologo francese Deodat de Dolomieu (colui che ha dato il nome alle nostre Dolomiti) allo scopo di verificare i danni e proporre interventi. Dalla relazione della commissione scaturì quella che è ritenuta la prima normativa del Mondo di pianificazione urbanistica e prescrizioni edilizie per le zone a rischio sismico. Queste norme vennero ulteriormente ribadite e specificate all’ indomani del tragico terremoto e tsunami di Messina del 28 dicembre 1908, ed estese a tutte le zone a rischio sismico del Regno d’ Italia (Regio Decreto del 18 aprile 1909 n. 193). Norme in grande parte disattese, vanamente ribadite a seguito dei tanti terremoti che hanno colpito il nostro Paese da allora; fino alle norme di Macrozonizzazione sismica (www.protezionecivile.gov.it) di una decina di anni fa, e ai recenti decreti, Casa Italia e Salva Italia, emanati dal governo nazionale, in seguito al terremoto di Amatrice del 25 agosto 2016.

Possiamo solo sperare che il tutto non si perda nei meandri della “mala- politica” e della ” mala-burocrazia”; nel rimbalzo delle responsabilità, tangenti e speculazioni varie. Meandri alimentati purtroppo da una diffusa e cronica perdita di memoria da parte della pubblica opinione, sulle così dette “imprevedibili catastrofi naturali”: frane, alluvioni, eruzioni vulcaniche, terremoti.

E’ vero. Il momento preciso in cui avvengono questi fenomeni, in particolare i terremoti, è ancora largamente non prevedibile, occorrono investimenti per la ricerca e forse un giorno ci arriveremo. Ma già da oggi sono prevedibili gli effetti che questi fenomeni possono avere sulla vita delle persone e sul tessuto economico, se si continua a tombare i corsi d’ acqua, a costruire nelle piane alluvionali o a ridosso di costoni rocciosi e pendii argillosi, sulle pendici di vulcani o nelle zone ad elevato rischio sismico.

Emblematico il collegamento viario dello Stretto di Messina. Una lunga storia che inizia alla fine del XIX quando, ormai caduti nell’ oblio i lutti e le distruzioni del terremoto del 1783 nasce l’idea – in nome di una distorta visione di sviluppo economico e di miopi arroganze tecnologiche- di scavare un tunnel fra Scilla e Cariddi. Accantonata l’idea dopo il sisma del 1908, una ventina di anni fa inizia il cammino del travagliato progetto del ponte. Un ponte, si dice, in grado di sostenere un sisma di magnitudo superiore a 7- la magnitudo stimata per il terremoto di Messina del 1908 -, dimenticando che i “trentasei secondi” di morte e distruzioni di quel mattino del 28 dicembre, furono causati in grande parte dal maremoto, con onde fino a 12 m., che si scatenò dopo il sisma. Il ponte potrà reggere, ma il mare chi lo ferma?

All’indomani del terremoto di Messina, un grande geologo, Federico Sacco, che insegnava al Politecnico di Torino, scriveva su un numero unico della rivista ‘ Pro Sicilia e Calabria’, un articolo dal titolo: La Terra è Viva. Si legge: “L’Uomo l’ultimo arrivato, è da non lungo tempo, sulla superficie della Terra, vi si è stabilito e sviluppato da conquistatore prepotente […] sfruttandola in mille modi […] e nominandosi pomposamente Homo sapiens >>

Speriamo che l’Homo ciberneticus, sappia fare di meglio.

 

 

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