Italienische Zustände

Quando la situazione politica si fa complicata, i tedeschi che la conoscono parlano di “Italienische Zustände”, “situazione all’italiana”, cioè. Con questo, si capisce bene, vogliono deprecare frammentazione partitica, difficoltà di costruire coalizioni, tempi lunghi nelle trattative per formare un nuovo governo. Insomma, crisi politica.

Quanto appunto sta accadendo a Berlino in questo autunno. Le elezioni federali, si ricorderà, si sono tenute il 24 settembre, ma son passati due mesi e la soluzione non si vede ancora. Se ne parlerà, forse, a Natale. Qualcuno pensa addirittura a gennaio.

Il tentativo di formare una coalizione di democristiani, liberali e verdi (la coalizione detta “Giamaica”, come la bandiera di quello stato, per i colori dei tre partiti, il nero dei democristiani, il giallo dei liberali, il verde dei verdi) è fallito. C’è chi prospetta ora anche un governo di minoranza, formato da democristiani e verdi. Merkel ha proposto che i verdi entrino in un governo con i due maggiori. Più concreta sembra la prospettiva di ricostituire la Große Koalition rosso-nera, attualmente in carica. Ma il leader socialdemocratico, Martin Schulz, prima assolutamente contrario e ora forse convinto dal capo dello stato, Franz-Walter Steinmeier, suo compagno di partito, vuole consultare la base. Fra quindici giorni.

Per i tedeschi la situazione di queste settimane è un inedito. Drammatico perché così non era mai stato e perché si profilano addirittura nuove elezioni a breve (anche questo non è mai accaduto e soltanto due volte il Bundestag durò tre anni invece di quattro). Per decenni le coalizioni erano già pronte alla chiusura dei seggi. Nel 2013 le trattative durarono qualche settimana, ma lo sbocco era previsto, essendo già stata stipulata la Große Koalition.

I governi tedeschi sono sempre stati di coalizione. Nella Repubblica federale di Bonn, gli intenti di coalizioni erano addirittura annunciati in campagna elettorale. Nei felici decenni dei Sessanta-Settanta c’erano al Bundestag tre soli partiti: il liberale fece da ago della bilancia, alleandosi per 13 anni con la SPD e per 15 con la CDU/CSU. Ma allora SPD e CDU/CSU prendevano insieme il 90% dei voti. Nel 1983 entrarono in parlamento i verdi, nel 1990 i post-comunisti dell’Est. La dinamica sembrò non cambiare: anzi nel 1998, per la prima volta, furono gli elettori a imporre l’alternanza, spingendo un governo rosso-verde.

Nel 2005 si formò invece una Große Koalition: allora come nel 2013 e, forse, oggi. Ebbene, la Große Koalition è la risposta alle insorte difficoltà del sistema partitico.

Nel 2017 il sistema partitico parlamentare è diventato un esapartito con l’ingresso al Bundestag di una formazione “antisistema”, Alternative für Deutschland. Per i tedeschi occidentali la Linke, cioè la Sinistra erede del partito postcomunista, è a sua volta esclusa dal governo federale perché non “coalizzabile” a quel livello (anche se lo è in alcuni governi regionali dell’Est). Di qui una situazione molto complessa per i quattro partiti dell’“arco costituzionale”, come lo si potrebbe chiamare secondo il linguaggio della nostra Prima Repubblica. Metter su coalizioni di governo, ora che i due grandi partiti hanno raggiunto insieme in settembre soltanto il 52%, è diventato difficile. Per questo c’è grande confusione sotto il cielo di Berlino.

In parte ciò dipende dal sistema elettorale, proporzionale con il solo limite del tetto del 5%. Ma solo in parte, perché i sistemi elettorali interagiscono con altri fattori, non ultime le scelte degli elettori. Nemmeno i sistemi maggioritari assicurano la vittoria di un solo partito e la formazione di governi stabili: lo si è visto in Gran Bretagna nelle ultime elezioni.

Il “Rosatellum” contiene dosi di maggioritario che avrebbero probabilmente dispiegato effetti selettivi e favorito il formarsi di una maggioranza parlamentare. Ma anche in Italia c’è il Convitato di Pietra: è il Movimento 5 stelle, che, se non è coalizzabile per le esclusioni che valgono in Germania, lo è perché non vuole esserlo.

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