Il Nobel per la fisica a Giorgio Parisi

È notizia di questi giorni l’attribuzione del premio Nobel per la Fisica al Prof. Giorgio Parisi, dell’Università di Roma ”La Sapienza”. Per comprendere appieno la portata dei suoi contributi alla Fisica moderna è opportuno far riferimento alla motivazione del premio: “per la scoperta dell’interazione tra disordine e fluttuazioni nei sistemi fisici dalla scala atomica a quella planetaria”. Queste parole fanno capire quanto ampia sia la portata delle sue scoperte nel mondo della fisica contemporanea, coinvolgendo classi di fenomeni, modelli e approcci teorici alquanto diversi tra loro. Solo uno scienziato in grado di possedere una visione d’insieme ampia e, al tempo stesso, unitaria della propria disciplina poteva essere capace di realizzare una simile impresa.  Sempre facendo riferimento alla motivazione, si può dire che il Prof. Parisi abbia ispirato e preso parte a molti degli sviluppi e dei passaggi cruciali di una nuova fisica, che oggi convenzionalmente viene indicata come “fisica statistica dei sistemi disordinati e complessi”.

Non potendo in questa sede descrivere in modo esauriente i suoi tanti contributi, ho deciso di illustrarne tre che, a mio avviso, consentono di comprendere l’originalità e la sostanza dei problemi di cui si è occupato. Il primo contributo che voglio citare è l’idea che si potesse costruire un approccio alla fisica quantistica dei campi, partendo da una tecnica denominata “quantizzazione stocastica”. Come tutte le idee geniali si tratta di una idea semplice, che è apparsa in un lavoro del Prof. Parisi in collaborazione con il Prof. Y.S. Wu pubblicato nel 1981. In questo lavoro viene resa esplicita l’intuizione che i processi quantistici siano rappresentabili nel linguaggio delle fluttuazioni di un processo aleatorio (stocastico), che consente di descrivere il problema dell’evoluzione di una qualunque osservabile di interesse fisico (sia nelle teorie della fisica subatomica, che in quelle cosmologiche) come effetto di un rumore aleatorio. L’aspetto pratico di fondamentale importanza è che, a partire da questa formulazione fondata sul ruolo delle fluttuazioni, è possibile affrontare il calcolo formale di una qualunque quantità osservabile (cioè misurabile sperimentalmente) utilizzando le medesime tecniche adottate in meccanica statistica per spiegare il comportamento dei sistemi termodinamici classici. Se mi si consente un’ardita analogia, si potrebbe dire che in questo contributo di Parisi e Wu è stata costruita una sorta di meccanica statistica delle teorie di campo quantistiche, cioè una tecnica molto potente per investigare e predire il contenuto di queste teorie.

Il secondo contributo che voglio illustrare riguarda gli studi condotti nel 1983 in collaborazione con alcuni colleghi della Sapienza (Benzi, Sutera e Vulpiani) sulla scoperta della cosiddetta “risonanza stocastica”. Ancora una volta si tratta di un problema legato alla comprensione dell’importanza delle fluttuazioni aleatorie (rumore) che pervadono tutto il mondo fisico. In questo contributo è stato messo in evidenza per la prima volta il seguente meccanismo: quando fenomeni naturali, che seguono evoluzioni impredicibili, interagiscono in modo nonlineare con gli effetti di fluttuazioni indotte dall’ambiente circostante, queste possono contribuire a stabilizzare parzialmente la loro evoluzione, producendo fenomeni quasi ricorrenti. E’ a partire da questa stupefacente intuizione, di valore del tutto generale, che Parisi e i suoi collaboratori, ad esempio, sono stati in grado di dare una spiegazione dell’alternanza (quasi) periodica delle ere glaciali succedutesi sulla terra. Un contributo, quindi, che va anche nella direzione delle motivazioni che hanno determinato l’assegnazione del premio Nobel per la fisica 2021 agli altri due fisici co-vincitori con Parisi, i Prof.i  Syukuro Manabe e Klaus Hasselmann.

L’ultimo contributo riguarda la soluzione di un problema classico della meccanica statistica, che riguarda lo studio di un sistema di spin le cui interazioni sono regolate dal disordine, noto come problema degli “spin glasses”. Si tratta di un sistema fisico i cui componenti possono essere pensati come i dipoli magnetici di un magnete naturale: gli spin. Nei modelli fisici adottati per spiegare la presenza della magnetizzazione spontanea nei magneti si assume che l’interazione tra gli spin sia isotropa e omogenea. Quando questa interazione è sufficientemente forte da sopravanzare le fluttuazioni termiche del materiale, prevale la tendenza di tutti i momenti magnetici molecolari ad allinearsi, producendo la magnetizzazione come risultato di un effetto coerente su scala macroscopica. Che succede però in un magnete amorfo (come il vetro, cioè “glass” in inglese) dove le interazioni tra i magneti sono regolate da un disordine strutturale, dove, cioè, ciascun dipolo interagisce con i suoi dipoli vicini con una forza diversa, regolata tipicamente da una distribuzione statistica dell’intensità e del segno di queste forze? Mentre in un magnete naturale le forze di interazione hanno natura solo ferromagnetica (tendono cioè ad allineare i dipoli) nello spin glass le forze possono essere anche di tipo antiferromagnetico e quindi possono anche antiallineare i dipoli. Il contributo di Parisi (1983) è stato quello di intuire che questo archetipo di modello di un sistema complesso (lo spin glass) potesse essere risolto ricorrendo ad un metodo statistico basato sullo studio delle repliche del medesimo sistema. In particolare, Parisi ha mostrato come si potesse realizzare il calcolo delle quantità di interesse per studiare un simile sistema, pensandole come la risultante di tanti sistemi equivalenti, in cui il disordine strutturale (vetroso) è stato realizzato con le medesime regole statistiche. Così come la soluzione del modello di Ising da parte del premio Nobel Lars Onsager è stata la pietra angolare dello studio del ferromagnetismo, si può dire che la soluzione con il metodo delle repliche del modello dei vetri di spin da parte di Parisi ha rappresentato la pietra angolare per gli studi di una lista incredibilmente ampia di problemi di sistemi complessi, con applicazioni nella fisica della materia, nello studio delle reti neurali, nella biologia teorica e persino nei modelli econometrici. In estrema sintesi, quello che accomuna tutti questi problemi è l’eterogeneità delle interazioni tra gli agenti elementari di un sistema: ad esempio, dipoli magnetici, neuroni, cellule di un organismo, animali di una popolazione, operatori economici. Quando l’intensità della mutua interazione tra questi agenti in media supera certi valori il metodo di Parisi ci mostra che in tali sistemi si formano strutture organizzate gerarchicamente (o meglio, in modo frattale) in cui le proprietà tipiche dei sistemi termodinamici all’equilibrio, come l’ergodicità (equivalenza tra predizioni effettuate su medie temporali e su medie statistiche) vengono violate, per dare luogo a comportamenti che si suppone siano alla base dei meccanismi da cui in natura emergono processi complessi auto-organizzati, come quelli che, ad esempio, presiedono alla creazione della memoria associativa. In parole povere, con il lavoro di Parisi si è affermato il paradigma che l’ingrediente essenziale per comprendere molti aspetti della fisica dei sistemi amorfi, nonché quella dei sistemi viventi e persino quella dei sistemi sociali, sia il disordine strutturale che li contraddistingue e che consente loro di organizzarsi in modo da opporsi al fato imposto dall’equilibrio termodinamico, che nel caso del vivente sarebbe equivalente all’inevitabile raggiungimento dello stato fondamentale, cioè la morte.

Per dovere di completezza è opportuno ricordare anche che il Prof. Parisi ha contribuito in modo notevole anche allo sviluppo della fisica delle interazioni fondamentali, allo studio della turbolenza e alla modellizzazione del comportamento dei sistemi attivi (gruppi di batteri, stormi di uccelli, banchi di pesci, etc.).

Non posso concludere senza sottolineare il fondamentale ruolo di guida, ispirazione e stimolo che il Prof. Parisi ha svolto per tutta la comunità scientifica italiana che si è venuta formando sui temi della fisica statistica e dei sistemi complessi nelle Università e negli enti di ricerca. Egli ha senza dubbio non solo indicato la strada a molte generazioni di giovani fisici, ma ha anche inaugurato un modo nuovo di fare scienza, spregiudicatamente interdisciplinare e ispirato da una curiosità rivolta in tutte le direzioni e non limitata ad un disciplinarismo di maniera. Ha mostrato a noi tutti il piacere e anche la necessità di guardare sempre e comunque oltre i nostri orizzonti, con coraggio e senza farsi mai condizionare dalle convenzioni: un insegnamento di vita, prima ancora che professionale.

 

Prof. Roberto Livi

Professore Onorario Università di Firenze

Presidente della Società Italiana di Fisica Statistica

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