FUSIONE: L’ENERGIA DEL FUTURO

La domanda di energia cresce costantemente nel tempo. La ricerca di fonti di energia è dunque fondamentale per la nostra società. Da qualche tempo a questa parte, tuttavia, si è aggiunta un’altra richiesta: non solo più energia, ma energia pulita. Cioè che non produca sostanze pericolose per l’uomo e per l’ambiente. Questo esclude tutte le fonti energetiche basate sull’uso di combustibili fossili. Le energie cosiddette rinnovabili, cioè quelle basate sullo sfruttamento di risorse naturali praticamente inesauribili, come il sole, il vento e le maree, non sono e soprattutto non saranno sufficienti a soddisfare i bisogni energetici. Rimangono allora le fonti energetiche legate ai processi nucleari, cioè alla fissione e alla fusione dei nuclei atomici. Nel primo caso il nucleo si scinde in due componenti di massa minore, nel secondo due nuclei si fondono per formarne uno di massa maggiore. Entrambi i processi producono energia ma la fissione coinvolge esclusivamente nuclei pesanti e la fusione solo nuclei leggeri.

Le attuali centrali nucleari sono tutte basate sul processo di fissione. I principali problemi connessi con questo tipo di reattori sono la vulnerabilità ad incidenti, quali quelli di Chernobyl e di Fukushima, e il problema della gestione delle scorie radioattive. Gli incidenti sono dovuti alla perdita di controllo delle reazioni a catena che producono l’energia; il numero di reazioni può crescere senza limite, provocando la fusione del “nocciolo” del reattore e la conseguente fuoruscita di sostanze radioattive altamente pericolose. Inoltre, le stesse reazioni provocano la formazione di residui radioattivi, le scorie appunto, a “vita lunga”: il decadimento della radioattività può durare centinaia, a volte migliaia, di anni. Di qui la necessità di stoccaggio delle scorie in siti protetti in cui i sistemi di schermatura delle radiazioni rimangano efficienti per periodi di tempo estremamente lunghi. Inoltre, i materiali fissili, principalmente uranio, non sono particolarmente abbondanti e i relativi giacimenti non sono uniformemente distribuiti sul globo.

Nel corso degli anni si sono fatti importanti progressi sia per quel che riguarda il controllo della reazione nel reattore, sia per il problema dello smaltimento delle scorie. È tuttavia indubitabile che i reattori a fissione siano intrinsecamente pericolosi, ciò che ha spinto alcuni Paesi, come la Germania, ad abbandonare questa filiera.

La fusione è un processo completamente diverso ed è quello che produce l’energia nel Sole. In questo caso, il combustibile primario è l’idrogeno, l’elemento più abbondante nell’Universo. L’innesco delle reazioni nucleari è legato alla possibilità di portare i nuclei reagenti quasi a contatto in modo da far agire le forze nucleari, intense ma agenti solo su distanze infinitesime. Questo processo è contrastato dalla repulsione elettrica tra i nuclei, carichi positivamente. Per superare questi ostacoli sono necessarie temperature e densità moto elevate, come avviene nella regione centrale del Sole. L’effetto delle reazioni di fusione dell’idrogeno è la produzione di elio. I reattori a fusione cercano di riprodurre sulla Terra quanto avviene al centro del Sole. I problemi da risolvere sono legati alla diversità delle condizioni fisiche nei due casi. Sostanzialmente i problemi da risolvere sono: la formazione di un “plasma” cioè di un gas costituito da due fluidi carichi, nuclei di idrogeno positivi ed elettroni negativi, mescolati tra loro, il riscaldamento del plasma ed il suo “confinamento” per evitare che tocchi le pareti del reattore. Inoltre, le condizioni per l’innesco delle reazioni devono essere mantenute per un tempo sufficientemente lungo.

I vantaggi di un reattore a fusione sono considerevoli: non si producono sostanze inquinanti (l’elio è un gas inerte), non sono presenti reazioni a catena che possono sfuggire al controllo, il combustibile principale, il deuterio, è presente in quantità pressoché illimitate nei mari. Tuttavia, i problemi tecnologici da superare sono ancora molti. Uno di questi riguarda i campi magnetici necessari al confinamento del plasma. Tali campi sono prodotti da bobine in cui circolano correnti elettriche di elevata intensità. Per evitare che gran parte dell’energia elettrica che viene fornita alle bobine venga dissipata in calore è necessario usare dei superconduttori in cui le perdite termiche sono irrilevanti. Ma i superconduttori debbono essere mantenuti a temperature bassissime, vicine allo zero assoluto (-273°C), altrimenti perdono le loro caratteristiche. Recentemente un importante passo avanti è stato compiuto da una società americana, la CFS, compartecipata dall’MIT e dall’ENI, che è riuscita a realizzare superconduttori ad “alta temperatura”, cioè a temperature superiori a quella dell’azoto liquido, -200°C.

La strada per produrre energia con reattori a fusione è ancora lunga, 10-15 anni secondo le stime più ottimistiche, ma sta ormai diventando chiaro che questo è l’unico modo per produrre in sicurezza energia in quantità sufficiente.

Lascia un commento