I Nobel per l’Economia 2020

Il 12 ottobre scorso è stato assegnato il premio Nobel 2020 per l’Economia, o, più esattamente, il “Premio della Banca di Svezia per le scienze economiche in memoria di Alfred Nobel”, istituito nel 1968 (fu Paul Samuelson a inaugurarlo) con una donazione di quella Banca alla Fondazione Nobel. Quest’anno il premio è stato attribuito a due economisti, Paul R. Milgrom e Robert B. Wilson, per “i progressi alla teoria delle aste e l’invenzione di nuovi sistemi di asta”, “scoperte – continua la motivazione – di cui hanno beneficiato, venditori, acquirenti e contribuenti di tutto il mondo”. Entrambi i vincitori appartengono all’Università di Stanford (California): Paul R. Milgrom è nato nel 1948 a Detroit, negli Stati Uniti, ed è docente di Scienze umane; Robert B. Wilson è nato nel 1937 a Geneva, negli Stati Uniti, ed è docente di Amministrazione.

Il tema per il quale il Premio è stato conferito – le procedure di asta, appunto – ha suscitato qualche curiosità, non essendo forse sufficientemente nota al pubblico l’importanza che queste procedure hanno oggi anche per la nostra vita quotidiana. È un tema del quale i due vincitori si sono occupati a lungo, insieme e separatamente. Il loro contributo si è mosso principalmente su aspetti teorici e matematici, ma i due studiosi hanno anche formulato proposte specifiche per nuovi formati di asta, alcuni dei quali sono stati utilizzati nelle aste per la concessione di frequenze radio per telecomunicazioni.

Le aste sono un meccanismo di contrattazione con una lunga storia, ma hanno acquistato una particolare importanza in tempi recenti, essendo aumentati il numero e l’importanza dei beni e dei servizi per i quali la contrattazione tramite il mercato, nella sua configurazione usuale, non è adeguata. Tra i beni e servizi che sono scambiati attraverso meccanismi di aste di vario tipo vi sono tradizionalmente pezzi di antiquariato e di arte in genere, terreni, abitazioni; ma oggi hanno maggiore importanza le aste per le concessioni di esplorazioni petrolifere, per i titoli del debito pubblico, per materie prime, per frequenze radio.

L’importanza e la varietà di queste applicazioni ha reso opportuno, per lo studio delle aste, l’impiego di strumenti di tipo logico-matematico assai raffinati, che si collocano all’interno della Teoria dei Giochi (cooperativi). Questa Teoria matematica ha antecedenti fino dall’inizio del secolo scorso, ma il suo sviluppo, soprattutto per le applicazioni in economia, ha avuto inizio alla fine degli anni Quaranta con un libro (Game Theory and Economic Behaviour) scritto da un matematico (John von Neumann) insieme ad un economista (Oscar Morgenstern). La loro opera ha ben presto stimolato i contributi di altri economisti e matematici, tra i quali uno dei primi è stato John F. Nash (premio Nobel dell’economia nel 1994).  La sua proposta per l’equilibrio di un gioco non cooperativo ha avuto un enorme successo e l’“equilibrio di Nash” è diventato uno dei concetti più pervasivi nei modelli economici. La notorietà di Nash si è diffusa anche all’esterno della comunità degli studiosi grazie a un libro e a un film (A beautiful mind) che ha raccontato le drammatiche vicende di questo studioso, legate alla malattia mentale che per molti anni ne ha condizionato la vita.

La Teoria dei Giochi (non cooperativi) è una teoria matematica che, almeno nella sua formulazione base, si occupa delle situazioni di interazione strategica, ovvero di quelle situazioni in cui due o più soggetti (giocatori) sono coinvolti in decisioni, sostanzialmente indipendenti, ma il cui risultato, per ciascuno dei giocatori, dipende anche dalle decisioni degli altri; una situazione che vale, simmetricamente, per ciascun giocatore. Per chi partecipa a un’asta è quindi essenziale, per formulare la propria decisione, prevedere quale possa essere quella dell’altro, e ciò basandosi su informazioni raccolte dall’esterno, ma anche e soprattutto sull’aspettativa che l’altro scelga, razionalmente, fra le strategie possibili, quella che gli comporta il risultato migliore.  Nel caso di due giocatori, un “equilibrio di Nash” è per l’appunto una coppia di strategie, una per ciascuno dei due giocatori, tale che la strategia di ciascuno è la “migliore” risposta alla strategia dell’altro. Una tale definizione è facilmente estesa al caso di più di due giocatori.

Un’asta è configurabile come gioco non cooperativo: vi sono due o più giocatori, potenziali compratori e/o potenziali venditori; vi sono delle regole che definiscono le scelte ammesse da parte di ciascun giocatore; sono definite anche le condizioni che consentono di prevedere il guadagno che ciascun giocatore potrà ottenere nelle diverse combinazioni di strategie prescelte dai partecipanti all’asta. Queste previsioni – per quanto riguarda i risultati attesi per sé e, ancora di più, per quanto riguarda i risultati attesi degli altri – dipenderanno anche da fattori esterni che difficilmente potranno essere noti in modo certo e che quindi dovranno essere trattati in modo probabilistico.

Nella Teoria dei Giochi si ipotizza fondamentalmente che le decisioni dei giocatori siano basate su argomentazioni razionali sulla base delle informazioni disponibili; ma non si esclude l’importanza di possibili comportamenti irrazionali, legati ad aspetti psicologici che possono condizionare le decisioni. Uno di questi aspetti, spesso ricordato per le aste, è costituito dalla cosiddetta “maledizione del vincitore”: il desiderio di vincere la gara può indurre a fare proposte molto costose, tali da portare, una volta vinta l’asta, a situazioni difficili da sostenere. La consapevolezza di questa possibilità può allora indurre i partecipanti, soprattutto in una prima fase dell’asta, a limitare la proposta al di sotto della loro stessa stima del valore comune per quel bene e quindi della proposta che sarebbe razionalmente preferibile. Wilson, in particolare, ha approfondito questo problema (che si manifesta in particolare nelle aste per la concessione di frequenze radio da parte dei governi), analizzando la procedura di asta come progressiva individuazione, da parte dei partecipanti, di un “valore comune”. L’attenzione di Milgrom si è piuttosto concentrata sull’importanza, per ciascun concorrente, di acquisire informazioni sul valore (un “valore privato”) che gli altri partecipanti attribuiscono al bene o servizio oggetto dell’asta.

Studiare le aste significa quindi analizzare quali potranno essere le decisioni di ciascun tipo di partecipante una volta che si sia indicato il formato dell’asta, ossia l’insieme di regole cui i partecipanti devono attenersi. Da questo punto di vista, si possono avere aste con una unica “offerta” in busta chiusa, nelle quali vince l’asta chi ha proposto il prezzo più alto (basso) e il contratto si perfeziona a quel prezzo oppure al “secondo” prezzo; aste in più round, con una successione di offerte e contro-offerte, o con prezzi via via modificati, in aumento o in diminuzione; e così via.

Proprio in questa possibile varietà di sistemi di asta esistenti e di altri che si possono introdurre si apre lo spazio per un importante contributo degli studiosi di aste – e, nel nostro caso, il contributo fornito da Milgrom e Wilson e premiato con il Nobel. Normalmente, dato il bene o servizio da sottoporre all’asta, la possibilità di fissare il tipo di asta e le sue regole è attribuita a chi vende o a chi compra. La previsione della soluzione che ci si aspetta da ciascuna delle possibili procedure di asta guiderà questo soggetto alla scelta di quella più adatta a realizzare il proprio specifico obiettivo che, in molti importanti casi, coincide con l’interesse generale della collettività che quel soggetto rappresenta. È quindi di grande importanza l’opera di chi studia al riguardo le procedure note e altre ne propone in vista di specifiche applicazioni. In questo senso, come si è visto, la motivazione del premio parla di “invenzione di nuovi sistemi di asta” e di “scoperte di cui hanno beneficiato, venditori, acquirenti e contribuenti di tutto il mondo”.

 

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