DOPO IL FASCISMO

DOPO IL FASCISMO
La questione giovanile in Italia in uno scritto di Antonio La Penna

di ARNALDO MARCONE

Della Porta editore

 

Antonio La Penna gode di meritata fama come latinista, in particolare a Firenze dove ha insegnato a lungo e vive tuttora. Sui suoi libri su Orazio, Properzio, Sallustio, Virgilio e sui suoi scritti di storia della letteratura latina si sono formate generazioni di insegnanti e di studiosi. Poco noto, in particolare presso gli Antichisti, è invece uno scritto giovanile che risale all’immediato secondo dopoguerra. La Penna lo pubblicò in due puntate, nel 1946-47, su una rivista fiorentina «Società» appena fondata e diretta allora da Ranuccio Bianchi Bandinelli. La Penna ha il merito di affrontare con lucidità e spregiudicatezza, grazie anche a un orizzonte sorprendentemente ampio di riferimenti culturali, la crisi profonda che i giovani italiani stavano vivendo nel tentativo di superare i condizionamenti lasciati in loro dall’esperienza fascista. La Penna mette in chiaro la persistenza dell’influenza del pensiero crociano nel momento in cui sempre più forte si faceva quella del marxismo nelle sue varie declinazioni nonché la rilevanza di varie esperienze letterarie e poetiche dell’immediato anteguerra, a cominciare dall’Ermetismo oltre che di orientamenti filosofici come l’Esistenzialismo. Una delle questioni di maggior rilievo che emerge dallo scritto di La Penna riguarda l’esistenza o meno di una cultura propriamente fascista di cui Norberto Bobbio fu notoriamente uno dei più radicali negatori.

Il saggio di La Penna è preceduto da un’ampia introduzione del Curatore ed è arricchito da alcuni contributi in qualche modo avvicinabili anche se scaturiti in circostanze affatto diverse: uno di Antonio Gramsci, Il congresso dei giovani del 1921, uno di Carlo Morandi, I giovani e la storia del 1942, due di Concetto Marchesi Ai giovani della borghesia italiana, agli ufficiali e studenti del novembre del 1944     e Ai giovani del maggio 1945, e infine uno di Luigi Russo, I giovani nel venticinquennio fascista, pubblicato nel settembre del 1945, che è forse quello contenutisticamente, ma non intellettualmente e stilisticamente, più vicino al saggio di La Penna.

Il volume è chiuso da una riflessione di Marcone dedicata a un romanzo di Carlo Levi, L’Orologio, stampato da Einaudi nel 1950, pochi anni dopo la pubblicazione del più noto Cristo si è fermato a Eboli. Levi dà voce nel libro ai segnali di un clima politico di ripiegamento avvertibile già a guerra appena conclusa, con la spinta ideale della Resistenza in via di esaurimento mentre le espressioni partitiche non trovavano il modo di trasformarla in un concreto programma di riforma e di governo. Il protagonista ideale del romanzo è Ferruccio Parri, un esponente di spicco della Resistenza e leader del Partito di Azione. La fine della sua breve esperienza di capo di governo nel dicembre del 1945 è narrata da Levi con grande partecipazione. Il romanzo appare fondamentalmente una lettura originale del disagio dei giovani nell’immediato dopoguerra, stretti tra generosi ideali e una realtà politica contrassegnata da opportunismo e ristrettezza di orizzonti.

 

Il volume sarà presentato in Colombaria
mercoledì 14 aprile 2021 ore 16.30

Interverranno con l’autore
MARINO BIONDI, MARIO CITRONI, SANDRO ROGARI

 

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