La corsa ad ostacoli per il vaccino anti covid

La notizia dello stop alla sperimentazione del vaccino anti Coronavirus da parte dell’azienda farmaceutica AstraZeneca, che lo sta sviluppando in collaborazione con l’Università di Oxford e l’Istituto di ricerca in Biologia Molecolare (IRBM) di Pomezia, dopo che uno dei partecipanti ai test ha accusato una seria reazione avversa, ripropone il noto problema che si presenta sempre nello sviluppo di un nuovo vaccino, e cioè che sia al tempo stesso sicuro ed efficace.

Un vaccino, com’è noto, è un preparato biologico costituito da agenti patogeni, o parti di essi, uccisi o attenuati, che viene somministrato con lo scopo di fornire un’immunità acquisita all’organismo. Questa pratica è in grado di sfruttare attivamente la memoria immunologica del sistema immunitario, consentendo al corpo di sviluppare un sistema di difesa contro un batterio, un virus o altro microrganismo ancor prima di venire a contatto con esso.

Le vaccinazioni costituiscono uno dei più potenti strumenti di prevenzione a disposizione della sanità pubblica. La loro introduzione ha permesso di ridurre, in pochi decenni, l’incidenza di malattie gravi e potenzialmente letali che erano diffuse da millenni, come il vaiolo che nel 1980 è stato eradicato a livello globale, e la mortalità infantile.

Nonostante la loro indubbia importanza, va detto che lo sviluppo di un vaccino che si dimostri sicuro e valido nel contrastare una malattia è un problema molto complesso che richiede, di solito, dei tempi molto lunghi (a volte fino a dieci anni).

Dopo l’ottenimento del preparato vaccinale, si deve passare infatti ad una prima fase di sperimentazione preclinica, in cui viene valutato il comportamento ed il livello di tossicità. In questo stadio si valutano anche la tolleranza, la risposta immunitaria e l’efficacia protettiva del vaccino. Terminata la sperimentazione preclinica, si passa a quella clinica. Sottoposta a regole molto rigorose e ben precise, essa si suddivide in quattro fasi: le prime tre (che coinvolgono un numero crescente di volontari) si svolgono prima della messa in commercio del vaccino, mentre la quarta è rappresentata dagli studi post-commercializzazione e coinvolge milioni di persone.

Accanto a questi problemi legati alla produzione industriale ne esistono altri, forse ancora più importanti, che dipendono strettamente dall’organismo che si vuole contrastare. Virus che hanno come materiale genetico l’RNA, come quelli dell’influenza o dell’HIV (Immuno Deficienza Umana) o dello stesso Covid-19, essendo caratterizzati da una grande capacità di mutare, rendono estremamente difficile lo sviluppo di un valido preparato per la difesa dell’organismo. Alla fine di agosto 2020 le mutazioni rinvenute con una frequenza superiore al 10% sugli isolati dei pazienti colpiti dal virus erano 11, di cui 3 silenti, ovvero che non producono cambiamenti nelle proteine corrispondenti del virus, e 8 che invece influenzano le proteine. Tra queste la più nota è quella a carico della proteina con cui il coronavirus riesce a penetrare nelle cellule umane, nota come spike protein.

Nonostante queste reali difficoltà, quasi sin dall’inizio della pandemia, si è cominciato a parlare di un rapido “arrivo” del vaccino contro il Covid-19. Dati gli enormi interessi economici in gioco le grandi multinazionali del farmaco, note come Big Pharma, tra cui l’AstraZeneca, e paesi come Cina, Stati Uniti, Russia, Brasile hanno iniziato una corsa frenetica per l’ottenimento del vaccino. Al momento attuale, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono quasi 200 i potenziali vaccini in fase di valutazione, di cui circa 30 in fase di sperimentazione sull’uomo.

Ha destato una notevole sorpresa la notizia che il primo vaccino ad essere registrato (11 agosto 2020) sia stato il vaccino russo, denominato Sputnik V, messo a punto dal centro federale di ricerca per l’epidemiologia e la microbiologia N. F. Gamaleya di Mosca, basato su due diversi vettori adenovirali umani. Dopo un iniziale scetticismo, la pubblicazione sulla prestigiosa rivista Lancet dei risultati scientifici relativi alle prime due fasi della sperimentazione su 76 volontari, che attestavano la mancanza di effetti collaterali del preparato e la presenza nei soggetti di una risposta immunitaria, è stato comunicato dal Ministero della Salute russo che il 9 settembre è iniziata la fase di sperimentazione su 40 mila volontari, con i primi risultati che saranno pubblicati tra ottobre e novembre. Dopo la Russia, anche la Cina ha registrato il suo primo vaccino contro la pandemia di Covid-19. Messo a punto dalla CanSino Biologics con l’Istituto di Biotecnologie di Pechino, il vaccino si chiama Ad5-nCoV, e si basa sul materiale genetico del Sars-Cov-2 trasportato da un altro virus reso inoffensivo.

Comunque sia, la strada verso l’ottenimento di un vaccino è ancora lunga e piena di ostacoli. Per cui si prevede che fino al prossimo anno (2021), non sarà disponibile un preparato sicuro ed efficace.

Inoltre, come ha fatto opportunamente notare su La Repubblica del 10 settembre Guido Rasi, Direttore esecutivo dell’Agenzia Europea del Farmaco (EMA), in questo settore vanno tenuti sempre ben presenti due concetti molto importanti e cioè che nessun vaccino è efficace al 100% e che l’arrivo di un vaccino non significa la scomparsa automatica dell’epidemia.

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